1985, la realtà supera l'immaginazione e Verona è la Cenerentola più bella d'Italia

L’ultima stagione dei sogni e delle favole, quelle vere. Di quelle che la Cenerentola di turno diventa principessa, per poi perdersi nel tempo che inesorabile scorre, non accorgendosi della mezzanotte che incombe e che riporterà tutto alla normalità. E’ la stagione 1984-85, quella della Cenerentola Verona, quella dell’unico scudetto vinto da una squadra di una città non capoluogo di Regione dal dopoguerra ad oggi. E quella squadra in effetti annovera tra le sue fila un potente attaccante danese denominato proprio “cenerentolo”, quel Preben Larsen-Elkjaer che si guadagnò il nomignolo segnando contro la Juventus dopo aver perso la scarpa durante il suo imperioso incedere.

 

Stagione di favole e di cambiamenti, nel calcio, nel mondo, nella vita di tutti i giorni. Che comincia col botto del 5 Luglio, con lo sbarco sulla terra partenopea del marziano Maradona, non ancora “mano de Dios”, non ancora Campione del Mondo ma già Re dal suo “buonasera napolitani” a quel pallone calciato forte verso un cielo azzurro che ben presto si tingerà di tricolore per ben 2 volte sotto il suo regno. Farà in tempo a vederla quella presentazione un altro simbolo di Napoli che ci lascerà 4 mesi dopo, ed esattamente il 1.Novembre 1984, e cioè il grande Eduardo De Filippo

 

Ma nel frattempo, in quella calda estate del 1984 che introdurrà alla stagione calcistica del campionato all’epoca più bello del mondo, qualcosa lascia presagire al fatto che qualcuno possa fare lo scherzetto alle grandi, alle principesse e regine del nostro firmamento pallonaro: il 24 Luglio infatti, nel Fosso Reale di Livorno, vengono ripescate tre pietre scolpite a forma di testa, unanimemente attribuite ad Amedeo Modigliani. Solo un mese e mezzo dopo si scoprirà che gli “scultori” in questione sono quattro studenti livornesi in vena di goliardate e capaci di gabbare i cosiddetti esperti.

 

L’estate del 1984 però, più che altri bluff porta nel nostro campionato molti campionissimi di livello mondiale, e ce n’è di tutti i tipi e per ogni angolazione geografica. A Verona arrivano appunto il cavallone danese Elkjaer, cenerentolo precedentemente menzionato, e il carrarmato tedesco Hans-Peter Briegel. L’Inter abbraccia l’asso Rummenigge, il Torino affida le chiavi del centrocampo al formidabile Junior. Alla Sampdoria arriva Souness ma anche un giovane Vialli che negli anni formerà la coppia d’oro blucerchiata con Mancini che porterà ad un altro scudetto da favola, quello del 1990-91.

 

La Fiorentina ingaggia il dottor Socrates, capitano della Nazionale verdeoro, artefice della Democratia Corinthiana, ma Cometa di Halley in maglia viola, una stagione con più ombre che luci ed il ritorno in patria. Il Milan, che ancora per poco è in epoca pre-berlusconiana, acquista gli inglesi Wilkins e Hateley, che il 28 ottobre regalerà ai rossoneri un successo nel derby che mancava da anni con uno stacco aereo su Collovati che resterà nell’immaginario collettivo.

 

Il 16 Settembre 1984 alle ore 16:00 parte la caccia alla Juventus campione e a Platini re dei cannonieri (il francese però si riconfermerà tale per la terza volta consecutiva ed anche Pallone d’Oro per la terza volta consecutiva), con Maradona che stecca in concerto proprio alla “prima di Verona”, annullato dal colosso Briegel che si permette anche il lusso di sbloccare il risultato. Il 3-1 finale è il preludio ad una cavalcata magica che vedrà i gialloblù del mago della Bovisa Osvaldo Bagnoli in vetta dall’inizio alla fine del torneo.

 

E’ un avvio durante il quale la formazione scaligera non conosce ostacoli. Nelle prime 13 giornate vince 8 volte, e quando non vince si aggrappa alle mani, ai piedi e ad ogni parte del corpo di Claudio Garella detto “Garellik”, definito dall’avvocato Agnelli il più forte portiere del mondo senza mani proprio per quella sua capacità di interventi spericolati seppur poco ortodossi per il ruolo che ricopre un estremo difensore. E saranno ben cinque 0-0, contro Inter, Roma, Sampdoria, Milan, Como. Il Verona arriva così alla sosta natalizia, il 23 Dicembre, in vetta con 21 punti, 2 in più di Inter e Torino che tentano di mantenere il passo. Purtroppo sarà anche una data triste, perché un’altra strage ferroviaria (dopo quella dell’Italicus di 10 anni prima) scuoterà il Paese: nella galleria tra Firenze e Bologna due esplosioni sventrano il treno 904 Napoli-Milano, e provocano ben 15 morti e più di 100 feriti.

 

Nel frattempo il mondo continua la sua marcia verso un cambiamento che diventerà poi epocale: il 6 Novembre 1984 il repubblicano Ronald Reagan trionfa alle presidenziali negli USA, battendo l’altro candidato Walter Mondale in ben 49 dei 50 Stati dell’Unione. Quattro mesi dopo, ed esattamente l’11 Marzo 1985, muore Konstantin Cernenko, e come segretario del Partito Comunista dell’Unione Sovietica gli succede il 54enne Mikhail Gorbaciov.

 

Sono eventi che porteranno, alla fine del 1987, al vertice di Reykjavik e al trattato “INF”, che porrà fine alla vicenda degli euromissili (ovvero i missili nucleari installati da USA e URSS in territorio europeo). Di fatto inizia in questa stagione, con l’avvento al potere di Reagan e Gorbaciov, quel particolare processo che porterà poi alla fine della Guerra Fredda ed alla dissoluzione dell’Unione Sovietica nel 1991, dopo una politica di “perestrojka” che voleva indicare un programma di rinnovamento dell’economia e dell’organizzazione dello Stato poi sfuggita al controllo.

1985, la realtà supera l

 

Il termine del girone di andata (che coincide con l’inizio del 1985) vede una frenata da parte della capolista Verona, che prima si fa raggiungere nei minuti finali in casa dall’Atalanta che va in gol con Pacione (futuro gialloblù pochi anni dopo) e poi perde la sua prima partita in quel di Avellino il 13 gennaio, in un campo innevato e infangato e reso praticabile solo da un alacre lavoro di spalatura.

 

E’ uno degli inverni più freddi della storia, anche la Juventus 3 giorni dopo giocherà e vincerà contro il Liverpool la Supercoppa Europea nel freddo di Torino con un pallone rosso scaraventato per due volte in porta da Boniek, che si guadagnerà l’appellativo di bello di notte dall’avvocato Agnelli, sempre avvezzo ai nomignoli. Le due squadre si riaffronteranno a fine stagione, il 29 maggio, per la finale di Coppa dei Campioni, e non sarà per nulla una serata di festa. Sarà solo tragedia e dolore allo stadio Heysel di Bruxelles, col suo settore Z, i suoi 39 morti poco prima di una partita che non avrebbe avuto più senso.

 

Alla prima di ritorno l’Inter aggancia il Verona per la prima e unica volta. Grazie ad un gol di Sabato che trafigge l’Atalanta, e grazie a Zenga che para un rigore a Magrin. Gli scaligeri portano a casa l’ennesimo 0-0 dal San Paolo di Napoli, nel giorno della polemica tra Enrico Ameri che esalta le parate di Garella e il mister Bagnoli che si sente offeso dall’analisi tecnica che vede la sua squadra salvata solo ed esclusivamente dalle doti acrobatiche dell’estremo difensore.

 

Ma il Verona torna in testa da solo già la domenica successiva battendo l’Ascoli, mentre l’Inter si arena ad Avellino, campo non semplice per le grandi. Lo scontro diretto della 19esima giornata si conclude in parità, e la domenica successiva si racchiude in due minuti carichi di emozioni e colpi di scena che lasciano i gialloblù rocambolescamente in vetta. A Torino infatti, il Verona sta impattando 0-0 contro la Juventus, mentre l’Inter sta pareggiando 1-1 in casa contro il Torino al momento terzo in classifica.

 

Al 74’ Briaschi porta in vantaggio la Juventus e a San Siro l’Inter usufrisce di un calcio di rigore. Altobelli sbaglia dagli 11 metri, e al  minuto 76 Di Gennaro agguanta il pareggio che consente al Verona di mantenere il comando della classifica con 1 punto di vantaggio sui nerazzurri. Il contraccolpo psicologico pesa parecchio sull’Inter di Castagner, che nelle successive tre giornate scivola a -5 dalla vetta e si fa raggiungere proprio dal Torino, mentre la marcia del Verona prosegue col vento in poppa.

 

Il vantaggio massimo del Verona si ha alla 24esima giornata (ricordiamo che il campionato è a 16 squadre, per cui ne mancano appena 6 al termine del torneo). Gli scaligeri infatti hanno ben 36 punti, e vari colpi di scena ed altalene di risultati hanno fatto sì che al secondo posto ci siano ben 5 squadre (Inter, Juventus, Milan, Sampdoria e Torino), ma tutte staccatissime a quota 30.

 

Con la vittoria che vale 2 punti, 6 di vantaggio a 6 dal termine vuol dire avere lo scudetto in tasca. Ma la strada verso la gloria non è mai totalmente in discesa, ed infatti la gara che potrebbe chiudere ogni discorso improvvisamente riapre tutto: il Torino di Radice, la domenica successiva, sbanca il Bentegodi, vincono anche Inter, Juventus e Sampdoria e il vantaggio si assottiglia a -4. Diciamolo, resta sempre cospicuo, ma alla 26esima la formazione di Bagnoli rischia grosso, perché deve andare a fare visita al Milan di Liedholm e del suo fido Di Bartolomei (sono arrivati entrambi alla corte di Farina dopo un bel ciclo in giallorosso) priva di due elementi forti nel gioco aereo come Fontolan e Briegel.

 

E bisogna fronteggiare uno specialista in materia, ovvero Hateley, quello dello stacco nel derby. Bagnoli sa che questa partita può essere l’ultimo ostacolo verso lo scudetto, e per fronteggiare l’emergenza difensiva ordina a Garella di uscire su tutte le palle alte, a costo di rischiare di sbagliare. Ancora una volta il portierone è strepitoso, in particolare nello smanacciare sul palo con un colpo di reni un’incornata di Hateley. Lo 0-0 finale, anche se Sampdoria e Torino si portano a -3, è come una vittoria.

 

Il sogno scudetto si materializza il 12 maggio a Bergamo, alla 29esima giornata, con il gol di Elkjaer che impatta quello dell’atalantino Perico. E’ una di quelle imprese delle quali non riconosci subito la grandezza della portata, come se il cervello non realizzasse subito la straordinarietà di un evento che in effetti non è mai più stato ripetuto. E’ vero, sono arrivate anche le prime volte del Napoli nel 1986-87 e della Sampdoria nel 1990-91, ma quelle sono state squadre che si sono consacrate negli anni e che avevano comunque un bacino d’utenza maggiore, mentre il Verona del 1984-85 è una squadra composta dagli scarti delle grandi squadre, una sorta di isola dei giocattoli difettosi magistralmente resi funzionali da un mister antidivo ed estremamente capace come Osvaldo Bagnoli. Una squadra che fino a 3 anni prima militava in Serie B e che ora, anche solo per una stagione, anche solo come Cenerentola fino a mezzanotte, può sentirsi regale e guardare tutti dall’alto.

 

In attesa di una nuova favola da raccontare…