The End

Non sono bastate settimane di smentite, incontri più o meno ufficiali per cucire uno strappo che, fin da subito era apparso insanabile tra Roberto Mancini e il nuovo corso cinese. Tuttavia pare che il tecnico jesino non abbia gradito la poca chiarezza sul progetto e anche il fatto di essere stato l’ultimo a sapere le cose in merito al cambio dirigenziale, è stato il primo motivo per entrare in contrasto con Erik Thorir (al momento punto di raccordo tra la società e i proprietari cinesi).

 

Cosa non è andato giù dunque al Mancio? Innanzitutto l’aver perso il ruolo di manager alla inglese che sempre lo aveva contraddistinto in carriera, dando scelte e imprinting a ogni fase del mercato per poi, ultimamente, smentire sé stesso tagliando quei giocatori tanto voluti basti pensare a Shaqiri, Podolski e Jovetic tanto per citarne alcuni.

 

Il mancato arrivo di Yaya Tourè (33 anni e 11 milioni di ingaggio), suo pupillo ai tempi del City, è stata la Casus belli dei litigi estivi con la proprietà che, notizia di ieri, aveva proposto un rinnovo fino al 2019 legato al raggiungimento di determinati obiettivi stagionali, la qualificazione Champions su tutti.

 

Questo è bastato per considerarlo come l’ennesimo affronto nei suoi confronti, un modo per delegittimarlo di tutto il credito di cui ha sempre goduto nell’era morattiana, non c’erano dunque più i presupposti per andare avanti dopo settimane in cui le frizioni di mercato, i malumori in conferenza stampa e le frasi di sfida non potevano essere più tollerate senza che si facesse chiarezza, una volta per tutte.

Particolare rilevanza nello sviluppo di questa situazione spetta alle figure del presidente Erick Thohir e del CEO  Michael Bolingbroke, che hanno spinto per portare all'allontanamento di Mancini. Da valutare, infine, la posizione di Angelo GregucciSylvinho e José Duqué, vice-allenatore il primo, collaboratori tecnici gli altri due membri dello staff.

 

La società ha trovato l’accordo per la risoluzione consensuale del contratto con il mister che aveva accettato l'incarico nel novembre 2014 rilevando Mazzarri. I primi 6 mesi non furono esaltanti ma servirono alla squadra per ritrovare uno spirito meno attendista dal punto di vista tattico, senza risolvere però il problema di una fase difensiva balbettante.
 

Nella scorsa stagione la squadra è stata in testa alla Serie A fino alla sosta invernale, terminando il campionato al quarto posto e qualificandosi direttamente alla fase a gironi della Uefa Europa League. Un campionato, alla luce della forza di Juve, Napoli e Roma, da considerarsi positivo, ma l’aver gettato alle ortiche un inizio così promettente, fatto di scarso gioco ma di molti risultati, ha lasciato molta amarezza soprattutto per non aver sfruttato il vantaggio accumulato su Juve e Roma, partite con più di un problema di classifica.

 

Mancini chiude la sua seconda avventura nerazzurra dopo aver vinto 3 scudetti, 2 Coppe Italia e 2 Supercoppe Italiane nella prima parte e senza aver bissato un solo successo da quando è tornato.

A sua discolpa va detto che l’Inter del 2004-05 vantava già campioni del calibro di Stankovic, Cambiasso, Maicon, Zanetti, Vieira, Crespo e tanti altri mentre nel 2014 arrivò in una situazione del tutto differente, con pochi emolumenti sul mercato e poco margine di errore dopo tanti anni di vacche magre in Italia e in Europa post Triplete. Che non abbia sfruttato le sue conoscenze e la sua esperienza internazionale per riportare l’inter dove compete, è storia di oggi.

Si chiude un’estate bollente fatta di sconfitte sonore (ultima il 6-1 di Oslo contro il Tottenham), non gradite dai nuovi interlocutori societari che mirano, dapprima a ripianare il forte indebitamento preesistente rispettando il FFP imposto dall’Uefa, per poi costruire una base solida fatta di prospetti giovani e futuribili.
 

Il nuovo tecnico dovrebbe essere Frank De Boer (usiamo il condizionale in attesa di ufficialità).  L’ex trainer dell’Ajax, in cui ha militato già da calciatore,  è un cultore del 4-3-3, modulo quasi sempre utilizzato dai lancieri, ma non scarta altre soluzioni. Ecco perché non è escluso che all’Inter possa virare il 4-2-3-1, per il quale la squadra è stata costruita in estate. Ama il bel calcio, ma non fine a se stesso, da ex difensore, cura con attenzione la fase di non possesso e non disdegna i successi per 1-0 quando c’è da soffrire. Il 46enne tecnico olandese, cercato anche dal Milan nel dopo Brocchi, ha il profilo giusto perché giovane, ambizioso, offensivo e propositivo nelle idee di calcio e non avrebbe grandi pretese sul mercato. 

La nuova Inter ‘olandese’ deve risolvere la grana Icardi (richiesto incessantemente dal Napoli) ma chissà se ora i dissapori con il Mancio restino un ricordo e si torni a parlare di rinnovo e di campo come vorrebbero tutti (o quasi). In porta anche Handanovic non è sembrato così sereno tra i pali quasi volesse cambiare aria ma è tutta la linea difensiva, con Miranda e Murillo in primis, a dover essere registrata, sperando che le riserve siano qualcosa in più di Ranocchia e Andreolli, con tutto il rispetto.

Sulle fasce Erkin e Ansaldi sono soluzioni che non lasciano troppe certezze, se non quelle di non aver speso una cifra minima per metterli in rosa, al momento gli stessi D’Ambrosio e Nagatomo non accontentano le esigenze offensive della nuova Inter. In mediana potrebbe essere spostato Banega, davanti alla difesa, ma la sua attitudine nell’ultimo passaggio, fa pensare che possa giocare sempre nei 3 dietro il centravanti.
Per Brozovic, altro pezzo pregiato di mercato, pare che le sirene si siano smorzate e sarà uno dei punti cardine per alzare il livello qualitativo che non sempre Kondogbia e Medel (per non dire Felipe Melo) riescono a dare nei 90’.

In attacco tra Palacio, Biabiany, Jovetic e Eder almeno uno è di troppo per non avere sempre uno spogliatoio scontento, il neo acquisto Candreva e il portentoso Perisic sono le frecce di un reparto che aspetta di conoscere il suo centravanti.

In attesa di capire se arriverà Gabigol  e altri rinforzi (Thohir dixit), quella che parte sarà un’Inter subito da rincorsa, verso nuove certezze dentro e fuori dal rettangolo verde.

Il lavoro con i giovani e la fase offensiva sono i punti di forza di De Boer. Lo dimostra chiaramente la crescita straripante di attaccanti quali Milik ed El Ghazi, che con la maglia dei lancieri sono riusciti a conquistarsi fama internazionale a suon di gol. Un taglio netto col passato per iniziare un nuovo ciclo, magari di respiro internazionale come si attendono i cinesi. Per i tifosi che sognano sempre il Cholo Simeone basterebbe che si tornasse almeno ad essere competitivi in Italia.


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